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Lo studio "L'impatto della vulvodinia sulla qualità della vita e partecipazione al lavoro: uno studio trasversale", è stato svolto dalla dott.ssa Vincenza Granata laureanda alla magistrale in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni (LM51) all'università Mercatorum

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Introduzione

La vulvodinia è una patologia complessa e debilitante che colpisce un numero significativo di donne, influenzando profondamente la loro qualità di vita e il benessere psicologico, sociale e lavorativo. Secondo Mariani e Murina, essa rappresenta una condizione variabile e multisistemica, caratterizzata da dolore vulvare persistente e da una serie di sintomi che possono compromettere gravemente l'equilibrio psicologico e le abitudini quotidiane delle pazienti.

Incidenza e impatto sulla qualità della vita: L'incidenza della vulvodinia è stimata tra il 10% e il 15%, colpendo circa una donna su sette. Tuttavia, nonostante la sua diffusione, la diagnosi spesso viene ritardata di anni a causa della scarsa preparazione del personale medico, compreso all’interno di strutture ospedaliere. Inoltre, la poca attenzione mediatica determina, spesso, una mancanza di consapevolezza da parte della società che può causare un impatto negativo sulla qualità della vita di chi ne è affetto.

 

Obiettivi

Questo studio si propone di analizzare vari aspetti della vulvodinia, concentrandosi sull'esperienza soggettiva delle pazienti affette da questa patologia. Attraverso un insieme di questionari mirati, si è cercato di esaminare la qualità di vita e partecipazione al lavoro delle partecipanti.

 

Metodi

Sono state coinvolte 145 partecipanti affette da vulvodinia. Lo studio è stato condotto con l’ausilio di una piattaforma online, Google moduli, con questionari strutturati ed una parte rielaborata, divulgati tramite social media.

La principale fonte di raccolta dati è stata Cistite.info APS che ha condiviso a Novembre 2023, il questionario sui propri social, sul proprio sito internet e tramite newsletter.

 

I risultati dello studio

Dolore

È rilevante come il 50,4% delle partecipanti avesse la sensazione di incompleto svuotamento della vescica, sintomo spiegabile dalla frequente coesistenza dell’ipersensibilità vulvare e dall'aumentato tono della muscolatura pelvica, che si traduce in sintomi minzionali sia della fase di svuotamento che di riempimento.
Inoltre il 69% provava dolore o fastidio nella parte inferiore dell’addome o nella regione genitale.
Il 60% delle partecipanti ha affermato di non poter indossare indumenti stretti per il peggioramento dei sintomi. Questo comporta un grosso cambiamento nella vita delle persone con vulvodinia e forte senso di adattamento che comportano utilizzo di abiti comodi e larghi trovandosi spesso a rinunciare a essere eleganti o sensuali secondo i canoni della società odierna che mostra come prototipo di femminilità abiti succinti e stretti; limitando la libertà di scelta delle donne, costrette a preferire qualcosa di comodo a qualcosa che si preferisce indossare, pur di ridimensionare il dolore.
Anche l’utilizzo di assorbenti
, soprattutto quelli interni, peggiora i sintomi per il 53,1% delle partecipanti.
Il 65,5% ha affermato che negli ultimi 12 mesi ha avuto almeno una settimana in cui ha avvertito frequenti dolori o fastidi allo stomaco o al basso addome che si sono attenuati quando hanno avuto un’evacuazione.

Socialità

Il 28,3% delle partecipanti ha dichiarato che i farmaci per la vulvodinia provocano sonnolenza e difficoltà di concentrazione, mentre il 22,8% riesce a concentrarsi abbastanza da lavorare ma non da svolgere altre attività. Questo fa sì che chi ne è affetto può ritrovarsi non solo a cercare di recuperare l’attenzione per distoglierla dal dolore, ma anche a dover far fronte agli effetti collaterali che i farmaci comportano.
Ciò che risulta rilevante per lo studio è che l'88,90% delle partecipanti ha dichiarato di sentirsi spesso stanca, debole o esausta mentre svolge piccoli compiti fisici quotidiani come lavorare, fare shopping, fare le pulizie e camminare mentre il 60% ha difficoltà nello svolgere piccoli compiti mentali quotidiani come leggere, scrivere e compilare documenti.
Il 47,6% delle partecipanti dichiara di riuscire a partecipare a eventi sociali e uscite con gli amici, nonostante ciò la rinuncia a causa del dolore non è un fenomeno inconsueto. Inoltre, queste rinunce provocano un senso di colpa nelle pazienti dovuto alla pressione sociale e alla frustrazione nel non riuscire a perseguire i propri interessi e i propri svaghi a causa del dolore che costringe, molto spesso, a rimanere a letto.

Sessualità

Per quanto riguarda la vita sessuale, il 16,6% delle partecipanti non riesce a praticare sesso penetrativo, mentre il 55,9% permette al partner di farlo solo con molta attenzione, provando comunque dolore. Il 36,6% prova dolore al semplice tocco dei genitali esterni.
Questi dati sottolineano l'impatto significativo della vulvodinia sulla vita sessuale e di coppia.

Lavoro

Iil 60,6% ha dichiarato di agitarsi o muovere le mani o i piedi quando deve stare seduta a lungo e il 53,8% afferma che negli ultimi 28 giorni il dolore ha limitato il tipo o la quantità di lavoro da svolgere. Questo potrebbe rendere chiaro come il dolore si ripercuote a 360° nella vita di chi ne è affetto, soprattutto in tutte quelle attività lavorative che incidono anche sulle proprie performance e sul proprio progresso lavorativo, aumentando un senso di frustrazione e difficoltà nel gestire le proprie mansioni.
Il 77,9% ha affermato che il dolore sia peggiorato a causa dello stress lavorativo. Ogni persona si ritrova ad affrontare stress lavorativo durante l’arco della propria vita ma chi soffre di vulvodinia presenta difficoltà aggiuntive, come ad esempio la difficoltà di stare seduto per molto tempo. Questo comporta un aumento dei sintomi e del dolore, portando ad un dispendio di energia superiore nello svolgimento delle mansioni lavorative, determinando così un circolo vizioso che si ripercuote anche a livello psicologico. La risposta al dolore spesso è caratterizzata dall’uso di antidolorifici, seguito da utilizzo di impacchi caldi e dalla necessità di prendersi una pausa al lavoro.

Ciò che è rilevante per le partecipanti e per lo studio è quindi la possibilità di:

  •  utilizzare sedie più comode o cuscini ortopedici per alleviare il dolore nello stare seduta
  • non stare seduta per molto tempo scandendo più pause durante le ore lavorative
  • la possibilità di andare più frequentemente in bagno
  • lavorare da casa così da poter gestire il proprio dolore e il proprio lavoro con più libertà.

Infine dallo studio è emerso che più del 50% non ha comunicato al proprio datore di lavoro la propria condizione, nonostante dichiari che il carico di lavoro aggravi il dolore vulvare. Celare questa condizione è una conseguenza tipica della paura di un’incomprensione e di un potenziale licenziamento da parte del proprio datore di lavoro, che comporterebbe difficoltà nel pagare le cure adeguate.
Quasi il 50% ha dichiarato di non aver mai palesato la propria malattia neppure ai colleghi, avendo imbarazzo e paura del giudizio altrui. Dall’altra parte quasi il 50% che l’ha comunicato ai colleghi afferma di non essersi sentito compreso. Ciò che risulta più rilevante, quindi, è l’assenza di comunicazione ai datori di lavoro e/o ai colleghi per paura del licenziamento o del sentirsi giudicati. Molto spesso, infatti, le pazienti ricevono commenti futili in cui si tende a sminuire la questione dichiarando che: “è tutto nella tua testa” “ti applichi troppo” “sei stressato”; aumentando il senso di frustrazione, la paura di non essere creduti e il senso di inferiorità.

 

Limiti dello studio

Lo studio presenta alcuni limiti, tra cui la mancanza di una traduzione secondo le cross-cultural translation guidelines e un campione ristretto

 

Conclusioni

La vulvodinia rimane una patologia poco compresa e sottovalutata, che richiede un impegno continuo per aumentare la consapevolezza e migliorare l'accesso alle cure. Gli sforzi futuri dovrebbero mirare a una migliore istruzione e consapevolezza della condizione, nonché a studi più approfonditi per comprendere meglio le sue cause e trovare trattamenti più efficaci.

 Per alcune condizioni più gravi l’ideale sarebbe lavorare da casa per migliorare le condizioni lavorative di chi soffre di dolore persistente, ma, pur essendo lo smart working la soluzione organizzativa meglio compatibile con lo stato di salute, ovviamente non è sempre attuabile. Le soluzioni organizzative, in quanto tali restano, di competenza del datore di lavoro, che potrebbe ad esempio permettere orari di lavoro flessibili, consentendo di esercitare serenamente la professione nel proprio luogo di lavoro, senza che la lavoratrice costringa se stessa a restare a casa, limitando in tal modo sia i rapporti interpersonali sia la propria crescita professionale, con ripercussioni negative a livello sociale e psicologico.

In definitiva, è fondamentale riconoscere la vulvodinia come una condizione invalidante che richiede un trattamento adeguato e un supporto psicologico e sociale per migliorare la qualità di vita di chi ne è affetto.

 

 La tesi

Visualizza/scarica la tesi completa in formato PDF


Frontespizio tesi Granata

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Le informazioni riportate in questo sito in nessun caso vogliono e possono costituire la formulazione di una diagnosi medica o sostituire una visita specialistica. I consigli riportati sono il frutto di un costante confronto tra donne affette da patologie urogenitali, che in nessun caso vogliono e possono sostituire la prescrizione di un trattamento o il rapporto diretto con il proprio medico curante. Si raccomanda pertanto di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio o indicazione riportata.