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tesi vulvodinia

Con la tesi "Vulvodinia: etnografia della lotta per il riconoscimento di un dolore cronico ignorato", Margherita Sozzi si è laureata a pieni voti presso l'Università degli Studi di Torino, Corso di Laurea di Scienze internazionali, dello sviluppo e della cooperazione.

Il lavoro ha origine da interviste condotte con sei donne affette da vulvodinia che hanno deciso di raccontare, con più o meno dovizia di particolari, in che modo la malattia ha inciso sulle loro vite e sui loro corpi. Queste donne sono state contattate tramite l'associazione Cistite.info, grazie alle quale loro stesse sono riuscite a dare un nome al proprio malessere.

Il testo integrale della tesi è scaricabile in formato PDF in fondo a questo articolo.

 

Laureanda: Margherita Sozzi 

Relatore: Prof. Andrea Filippo Ravenda

Corso di Laurea di Scienze internazionali, dello sviluppo e della cooperazione

Dipartimento di Culture, Politica e Società

Università degli Studi di Torino

Anno accademico: 2021/2022

 

 

Analisi della vulvodinia in chiave antropologica

 “Ma lo sa che c'è un sacco di gente che viene da me in studio con questo problema? Mi dia tutti i riferimenti che io mi devo informare di questa cosa!”. Queste parole sono state pronunciate da un ginecologo piemontese in occasione di una visita ginecologica, durante la quale la sua paziente, Federica, gli ha suggerito che i dolori da lei lamentati potessero essere riconducibili alla vulvodinia

Avere la vulvodinia significa proprio questo: dover spiegare costantemente la propria patologia, spesso e volentieri ai medici stessi. Perché nonostante l’incidenza della malattia si aggiri tra il 10% e il 15%, ciò che davvero contraddistingue la vulvodinia da altre patologie di dolore cronico, è l’ignoranza generalizzata che la circonda. 

La Società internazionale per lo studio delle patologie vulvovaginali (ISSVD) definisce la vulvodinia come “una sindrome del dolore cronico che colpisce l’area vulvare”. I fastidi più comunemente lamentati sono prurito e bruciore (anche anale e clitorideo), sensazioni di punture di spillo nell’area vulvare e labbra gonfie, con mucose vulvari arrossate e tessuti gonfi dal colorito rosso/violaceo; spesso si riscontrano perdite vaginali, che frequentemente portano ad una prima diagnosi errata di candida; seguono poi sensazioni di abrasioni e di scariche elettriche, ragadi vestibolari e disturbi urinari, come il bruciore a fine minzione; possono sopraggiungere fitte trafittive e dolori gravativi (di similcontusione), così come sensazioni di “corpo estraneo”. La patologia si rivela quindi estremamente invalidante, andando ad incidere sulla quotidianità di chi ne è affetto. 

Nonostante la gravità che la malattia può raggiungere e il semplice processo diagnostico, i dati rivelano un ritardo diagnostico di circa 5 anni, e l’85% di pazienti che afferma di aver consultato almeno tre specialisti prima di ottenere una diagnosi corretta. Ritardo diagnostico che porta ad una cronicizzazione della malattia, e ad un processo di guarigione più difficoltoso. Al fine di sopperire a questa mancanza è nato un movimento di lotta finalizzato ad ottenere un valido riconoscimento della patologia, portato avanti dalle donne, dalle persone che ne hanno sofferto e ne soffrono tutt’ora. 

È in questo contesto che si inserisce il lavoro da me svolto. L’obiettivo della mia tesi è di analizzare la vulvodinia in chiave antropologica, al fine di andare oltre i semplici sintomi biomedici, e mostrare sia come la malattia impatta le vite di chi ne soffre, sia come è culturalmente e socialmente percepita e considerata.

 

L'approccio tripartito allo studio della malattie

In antropologia viene comunemente adottato un approccio tripartito allo studio delle malattie: Disease [patologia] si riferisce alle anormalità nella struttura e/o nella funzione degli organi e dei sistemi organici, a stati patologici culturalmente riconosciuti o meno, all’arena del modello biomedico; Illness [esprienza di malattia] si riferisce alle percezioni di una persona e alle esperienze di alcune condizioni socialmente problematiche, compresa la patologia, ma non solo; Sickness [relazioni sociali di malattia] è un termine generale che definisce eventi che coinvolgono sia la patologia che l’esperienza di malattia. 

In una prima parte l’elaborato studia la vulvodinia da un punto di vista biomedico, per poi trattare le esperienze soggettive di alcune donne che si trovano a dover convivere con questa patologia e, infine, tracciare un resoconto della campagna in atto per ottenere il riconoscimento di questa malattia da parte dello Stato italiano.

Il lavoro ha origine in interviste condotte in prima persona con sei donne affette da vulvodinia e le rappresentanti di quattro associazioni – Cistite.info, Vulvodinia Online, Associazione Italiana Vulvodinia e Vulvodiniapuntoinfo – che portano avanti un percorso di informazione e sensibilizzazione sul tema da ormai alcuni anni.

 

L'obiettivo dello studio

L’obiettivo è mostrare come convivere con la vulvodinia sia una lotta costante su un duplice fronte: è un conflitto quotidiano con il proprio corpo e il dolore cronico che lo affligge, e un conflitto con il mondo esterno, che ignora e/o minimizza la condizione di queste persone. Per questo è in atto al momento una campagna di sensibilizzazione, portata avanti dalle persone che convivono o hanno convissuto con questa condizione, al fine di fornire una tutela istituzionalizzata a chi soffre di vulvodinia.

 

I risultati dello studio

Ciò che emerge dall’analisi svolta è una generale ignoranza della malattia in questione, da parte non solo dell’opinione pubblica italiana, ma anche e soprattutto dell’ambiente medico. La mancata preparazione degli specialisti si traduce in un ritardo diagnostico preoccupante: come emerso dalle interviste condotte, se le donne più fortunate impiegano qualche mese a scoprire l’identità della loro patologia, la maggior parte è costretta ad attendere anni prima di poter intraprendere le giuste terapie.

Il tempo impiegato per diagnosticare il disturbo è scandito da cure errate, sminuimento del proprio dolore e la generale convinzione che sia “tutto nella loro testa”. Questa scarsa tutela delle pazienti ha fatto si che esse stesse si coalizzassero al fine di far sentire la propria voce. Numerose sono le associazioni che si occupano di fornire supporto alle donne vulvodiniche, di creare uno spazio sicuro per la condivisione del proprio dolore, di informare e sensibilizzare sulla realtà della malattia, e di lottare per il riconoscimento da parte dello Stato di quest’ultima.

Nell’ultimo anno, questa battaglia difficile ma determinata ha portato alla stesura di una proposta di legge che, se approvata, permetterebbe un pieno riconoscimento della vulvodinia come malattia debilitante, e la giusta tutela per le persone che ne sono affette. Ad oggi, tale proposta è stata depositata alle Camere parlamentari, in attesa di essere discussa.

Con coraggio e determinazioni, le donne che hanno sofferto e soffrono tuttora di vulvodinia continuano a fare rumore e a far sentire la propria voce, informando il mondo, un passo alla volta, circa la loro condizione.

La speranza è, tramite l’elaborato presentato, di aver educato anche solo una persona in più su una causa che, direttamente e indirettamente, tocca tutti noi.

 

Scarica il testo integrale della tesi

Cliccando sull'immagine sottostante è possibile scaricare il testo integrale della tesi in formato PDF. 

Tesi di Laurea completa di Margherita Sozzi  

 

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Le informazioni riportate in questo sito in nessun caso vogliono e possono costituire la formulazione di una diagnosi medica o sostituire una visita specialistica. I consigli riportati sono il frutto di un costante confronto tra donne affette da patologie urogenitali, che in nessun caso vogliono e possono sostituire la prescrizione di un trattamento o il rapporto diretto con il proprio medico curante. Si raccomanda pertanto di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio o indicazione riportata.