Rotolo!
Frens ha scritto:Che ne pensi del dormire nel lettone?
Morgana dorme ancora nel lettone! ...col papà!
Io invece, proprio perchè voglio la mia indipendenza e la mia vita dormo da sola in un'altra stanza. Ne avevo parlato nel mio diario a proposito della mia crisi familiare. Dopo molti giorni di crisi in cui volevo abbandonare famiglia e casa, sono arrivata, anche grazie al vostro aiuto a questa conclusione che riporto qui:
(la parte in neretto è quella relativa al lettone)
Approfitto del giorno di chiusura per lasciarvi un lungo post.
Ho letto e riletto i vostri commenti riguardo alla mia crisi familiare. Sono arrivata ad una importante conclusione. Non è vero che non sono nata per essere madre! Solo grazie ai vostri messaggi (tutti!) ho finalmente capito che finora ho sempre confuso l'istinto materno col ruolo socialmente stereotipato di madre. Ecco: io non sono nata per essere una madre canonica: dedita completamente alla famiglia, pronta al sacrificio e alla rinuncia, disposta a soppiantare se stessa per marito e figli in attesa di tempi migliori.
Ho sempre associato le due cose: se non riuscivo a conformarmi alle regole sociali di maternità voleva dire che non ero pronta per essere madre.
Ma cosa vuol dire essere madre? Chi può dire quale sia il modo giusto per essere madre?
Io ho sempre cercato di seguire l'istinto. Mi sono sempre basata su ciò che succede in natura tra gli animali o nelle popolazioni meno "evolute" (ma anche su questo termine ci sarebbe un lungo discorso da fare!).
Nelle popolazioni meno occidentalizzate e quindi più vicine al senso naturale della vita e della società come avviene la crescita di un figlio?
Un figlio viene allattato fino a 3 anni ed oltre e le donne non hanno orologi per poter calcolare le poppate ogni 3 ore e non prima. L'allattamento è a richiesta del figlio.
Non esiste latte artificiale (eppure i figli non muoiono certo per assenza di latte).
Un figlio passa direttamente dal latte materno alle pietanze degli adulti.
Un figlio viene trasportato appoggiandolo sull'addome o sulla schiena della madre, a stretto contatto.
Un figlio dorme accanto alla madre ed alla famiglia finchè non se ne crea una nuova.
Un figlio non prende medicinali sintetici, guarisce da solo, o al massimo con le cure vegetali dello sciamano.
Un figlio non toglie nessuno spazio alla madre, che può continuare a svolgere le attività che ha sempre svolto. Il bambino infatti finchè è piccolo resta sempre attaccato alla madre in questi grandi foulard, che ripropongono al neonato lo stesso movimento materno a cui è stato abituato nei 9 mesi di gestazione, ha sempre il seno a disposizione, è cullato dai movimenti della madre impegnata nelle sue attività, quando gli scappa pipì o popò la fa liberamente senza che queste gli restino a contatto con la pelle. Ha tutto e non ha bisogno di piangere e di richiamare le attenzioni materne.
Un figlio quando cresce ha tanti coetanei del villaggio con cui giocare, con cui è cresciuto e crescerà. Non subisce distacchi improvvisi e traumatici dalla famiglia.
Una madre del villaggio ha sempre supporto. Vive nel clan in cui madre, sorelle, cugine e conoscenti sono costantemente presenti, pronte a badare al suo piccolo lasciandole il suo spazio vitale, a confortarla e a sostenerla nei momenti più duri, a consigliarle come allevare il suo cucciolo. Non è mai sola e può delegare il peso e la responsabilità della maternità alle altre donne del gruppo.
Nella società occidentale ed industrializzata invece come avviene la crescita di un figlio?
E' programmata in base ad unico obiettivo: il denaro e quindi il lavoro che ne consente l'accumulo.
Un figlio nella maggior parte dei casi viene allattato con latte articiale vaccino (che per quanto buono possa essere non potrà mai sostituire tutte le sostanze benefiche che ha il latte materno) e nella migliore delle ipotesi ha la fortuna di ricevere latte naturale specie-specifico solo perun mese o poco più (vedi questionari del forum) e questo perchè le grandi aziendi produttrici di latte in polvere pur di guadagnare ci hanno fatto credere che l'allattamento sia una cosa difficilissima e dannosa per la madre (a livello fisico e mentale). L'allattamento viene proposto ad ore fisse (ogni 3 ore) e non in base ai reali bisogni del neonato (che per esempio in estate ne ha un bisogno più frequente perchè col caldo si disidrata). La madre ora non è necessaria. Non ha più questo pesante vincolo dell'allattamento. Può andare a lavorare perchè ora chiunque potrà dare il pappone artificiale al suo bambino, persino le maestre dell'asilo nido!
La società del consumo ha creato la necessità di un doppio svezzamento: dal latte alle pappine ed in seguito dalle pappine al cibo solido.
La società del distacco precoce (per consentire alle lavoratrici di riprendere subito a lavorare) ha creato mezzi di separazione quali: passeggini, carrozzine, box, girelli, ... Un figlio non deve stare attaccato a sua madre.
Il figlio viene subito allontanato dalla camera dei genitori, isolato in un ambiente buio e silezioso. Laddove una madre non lo faccia viene subito additata come se stesse perpetuando il sacrilegio dell'alcova matrimoniale. "Non è possibile che dorma ancora con mamma e papà", "non è giusto, ne' per lei, ne' per i suoi genitori", "Ad ognuno il suo giusto posto". ...Ma in base a quali canoni non è giusto?! E in base a quali invece è giusto che 2 persone adulte siano obbligate a dormire insieme sopportando i movimenti notturni del partner, la luce perchè uno dei 2 vuole leggere ed i continui calci dati affinchè l'altro smetta di russare? Un bimbo non legge, non russa ed ha bisogno del contatto umano. Razionalmente mi sembra più naturale e comodo per un genitore dormire col figlio e non col partner. Eppure se si dorme separati lo si deve tenere nascosto altrimenti il primo pensiero è: non si amano più.
Il figlio dell'industrializzazione è sottoposto a continue terapie farmacologiche. Già dal primo mese gli viene iniettata la sua prima dose di vaccino ESAvalente (sei vaccini in una volta!) per poi proseguire con innumerevoli terapie antibiotiche per il minimo problema. Ecco un figlio con un sistema immunitario così debole che non riuscirà a superare una malattia autonomamente senza l'aiuto farmacologico. Certo, vivrà fino a 90 anni contro i 50 del villaggio indigeno, ma saranno solo i farmaci a permetterglielo e probabilmente con una qualità di vita decisamente inferiore (vedo mio padre e vedo tutte le persone affette da malattie croniche). Dipendiamo dai farmaci per poter restare in vita e quindi dalle ditte farmaceutiche che di ciò gioiscono. Così i bimbi sono sempre malati e devi mandarli all'asilo ancora malati perchè il lavoro non ti consente di poterli accudire quanto sarebbe necessario. Ed è un circolo vizioso: quelli malaticci infetteranno i sani, che a loro volta infetteranno i genitori, che infetteranno i colleghi, che infetteranno i figli, che infetteranno i compagni, e così via per i primi anni in comunità. I risultati sono: assunzione di farmaci continua, aumento della ricchezza delle lobby farmaceutiche, aumento delle potenza dei batteri e dei virus, aumento delle allergie e delle resistenze ai farmaci, deficit uditivi per le otiti protratte, asportazioni di tonsille che non ce la fanno a stare dietro alle continue infezioni, alterazioni persistenti della flora batterica intestinale a causa delle continue gastroenteriti, aumento dei posti di lavoro nella sanità pubblica e privata...e la lista potrebbe essere infinita, ma tutto ciò porta all'obiettivo primario della noostra società: soldi!
Il figlio del consumismo piange. Piange per ogni cosa. In continuazione. Piange perchè ha fame (ma deve aspettare perchè non è ancora l'ora!), piange perchè ha bisogno del contatto con la madre (nel cui grembo c'è stato per 9 mesi, 24 ore su 24 e vuole vuole colmare questa improvvisa distanza da lei), piange perchè il pannolino sintetico intriso di urina o escrementi gli irrita la pelle. Il pianto del bambino irrita la madre, la tocca dentro, nel profondo e la fa sentira inadatta al ruolo materno quando invece è la legge occidentale del distacco ad essere inadatta alle esigenze di un neonato.
Il figlio occiddentale all'improvviso deve lasciare la famiglia per essere affidato a sconosciuti e più passano gli anni e più questo momento viene anticipato. Gli asili nido sono sempre più pieni di neonati di 8 mesi. Tutto ciò in nome del diritto della donna al lavoro. Bella conquista che abbiamo fatto! Invece che difendere e far emergere il nostro specifico femminile, ci siamo rese sempre più simili al maschio: dedito alla carriera, all'arrivismo lavorativo, allo sviluppo muscolare, alla lotta politica. E prese dalla stessa foga maschile o dall'esigenza di dover lavorare per poter campare consegnamo il nostro pargolo nelle mani di persone che non abbiamo mai visto prima e che, cosa ancor più importante, nostro figlio non ha mai visto prima! Niente zia, nonna, cugini, fratelli, amiche del clan, persone insomma note fin dalla nascita con cui si è sempre relazionato. Solo facce nuove e persone tra l'altro non sempre preparate e appassionate per questo lavoro. E il bambino piange ancora! Lo fa per qualche giorno, forse per settimane. Poi non gli resta che rassegnarsi e soccombere alla separazione.
Dopo questa analisi generale posso dire che io mi sento molto più simile ad una madre del villaggio, piuttosto che a quella della città. Ho sempre seguito l'istinto nell'approccio con mia figlia.
L'ho allattata a richiesta fino a 15 mesi ed ho smesso solo perchè lei non ha più voluto il mio latte.
L'ho tenuta in braccio finchè lei ha deciso di scendere. Se possibile evitavo carrozzina e passeggino prediligendo marsupi e fasce. A un anno e mezzo, quando ormai sapeva camminare bene si usciva solo a piedi, mano nella mano. Lei ora cammina per ore senza stancarsi.
L'abbiamo sempre tenuta nel lettone. A lei piace, a noi è comodo. Ma perchè mai dovremmo cambiare? Per il sesso? Quello se lo si vuole fare lo si riesce a fare comunque.
Non ha mai preso antibiotici in 3 anni e mezzo (tranne una volta per errore), ma la accudisco con pazienza e la tengo a casa a lungo fino alla completa guarigione prima di reinserirla in comunità.
Ma tutto ciò comporta fatica, enorme fatica, soprattutto se si è soli. Assecondare i bisogni (e parlo di bisogni, non di vizi, come ci vuol far credere la società) 24 ore su 24 è impegnativo.
Allora mi chiedo: sono io sprovvista di istinto materno? E' forse più madre di me chi rifiuta senza insistere l'allattamento al seno, chi lascia il figlio piangere finchè non si addormenta da solo nella sua camera, chi delega la crescita, l'educazione ed il gioco ad una baby sitter o ad una istituzione per l'infanzia a favore delle esigenze lavorative, chi è sordo al pianto del neonato che richiede l'attenzione della madre ("Tanto fra un po' smette. Mica bisogna accorrere ogni volta che piange!", diceva mia sorella riferendosi ai suoi figli)?
No, siamo madri entrambe.
La differenza è che il mio modo di essere madre è naturale e segue l'istinto della natura. Tuttavia è estremamente faticoso perchè non ha il supporto del clan del villaggio e del contesto naturale di cui avrebbe bisogno per poter essere messo in atto. Un approccio simile entra in conflitto nel momento in cui si devono fare i conti con le necessità imposte dalla società: il lavoro, i ritmi, il denaro, le regole, gli orari. E ciò si traduce in mancanza di tempo per se stessi, in negazione dei propri spazi, in stress, in repressione dei propri desideri. Entra in conflitto il mio istinto materno naturale e primordiale con le esigenze imposte dalla società, che non consentono di poter avere del tempo libero a disposizione per me stessa, per fare emergere il mio io e che rende questo approccio materno molto più faticoso di quanto sarebbe nel suo naturale contesto. Ne esce fuori una madre esausta, insoddisfatta, sola, che non vuole più essere madre.
Ma ciò che mi manca non è sicuramente l'istinto materno, bensì l'adattamento al "ruolo" materno stereotipato necessario per sopravvivere nella società commerciale. Un ruolo materno che al primo posto non mette i bisogni del figlio (che chiamerà vizi), ma i ritmi sociali e i bisogni del datore di lavoro, un ruolo materno che promuove a questo scopo il distacco precoce (dal seno, dal corpo materno, dal lettone, dalla casa). Questo distacco offre tuttavia alla madre i benefici della riappropriazione della sua indipendanza e individualità rendendola (forse) più serena e facendola sentire più realizzata nel suo ruolo genitoriale, cose che io non sono ancora riuscita a conquistare, che mi mancano e che rischiano di compromettere il rapporto con mia figlia e la mia famiglia.
Quali di queste due madri quindi è più idonea alla crescita di un figlio? Quella che segue l'istinto materno o quella che si adatta al ruolo sociale?
E chi lo può dire? Nessuno possiede la verità assoluta. Forse quella che soccombe (inconsciamente) alle leggi commerciali perchè sarà più inserita nella società e così anche suo figlio e non sentirà il mio stesso desiderio di fuga. Poi magari i figli svilupperanno da grandi una serie di malattie psicosomatiche da insoddisfazione dei bisogni primordiali: attacchi di panico, fobie incontrollabili e apparentemente immotivate, gastrite, cistite, sindromi e morbi sempre più strani e frequenti. ...Ma questo è un altro capitolo.
Da anni ho risolto i miei problemi di cistite, di depressione, di attacchi di panico, di coliche gassose, di psoriasi. Forse proprio in concomitanza della presa di coscienza dello schifo che mi circonda, che mi vincolava, che mi risucchiava, che mi annientava come individuo (a partire dalla mia stessa famiglia d'origine, vittima anche lei di tale meccanismo sociale).
Rifiuto di farmi risucchiare dal sistema e di ripiombare nelle mie vecchie patologie croniche!
Ringrazio tutte quante per avermi aiutato a fare luce su un punto ancora oscuro della mia vita e a prendere coscienza delle cause dalla mia crisi.