da Stephanie » sab lug 30, 2011 9:04 pm
Questo post è per il mio micio, perduto quasi 30 anni fa, ma che ancora resta nel mio cuore.
Avrà avuto un paio di anni quando si ammalò, gli venne una malattia della pelle, la rogna. Lo portammo dal veterinario che ci avvisò che poteva attaccarla a tutta la famiglia, specie nelle zone dove sono presenti peli e capelli, lui dormiva spesso sul divano, e qualche volta giocava sul mio letto, quindi disinfettammo ogni cosa.
Siccome avevamo il giardino spesso con la zampina ci chiedeva di aprirgli la porta per uscire a fare un giretto, era una piccola pantera nera che scorrazzava intorno al palazzo e poi tornava a mangiare e a prendere coccole. Io ci giocavo, era il mio amico del cuore, lo sentivo come un figlio ed un fratello, stava sempre con me. Gli avevo insegnato tantissimi giochi, era intelligentissimo e con un bellissimo lucido manto nero. La cosa che gli piaceva fare era passare davanti alle macchine delle persone superstiziose, io le vedevo mandagli gli 'accidenti' e fermarsi ogni volta che lui attraversava il vialetto trotterellando, e ridevo. Un'altra cosa che adorava fare era fare la pipì sullo zerbino di una vicina che odiava i gatti, la faceva solo sul suo...
Appena divenuto adulto, durante un combattimento fu graffiato da un altro animale ammalato...io notai una piccola zona dove mancavano i peli, sia sulla zampa che dietro un orecchio. Lo portammo dal veterinario che ci disse che l'unico modo per guarirlo era portarlo nella clinica degli animali ma le cure sarebbero durate mesi ed erano costose, ed i miei non potevano (o non hanno voluto) sostenerle. Abbiamo provato a fargli terapia da soli, su indicazioni del veterinario, mettendogli delle creme sulle ferite, cercando di evitare il contagio con noi (bastava un graffio per rischiare il contagio), e poi dandogli delle medicine oralmente, cosa difficilissima perché non voleva più mangiare e se sentiva il sapore del medicinale sputava via tutto, provavamo a metterglielo sulla zampina ma leccava e vomitava. Lui si grattava fino a sanguinare, la rogna si estese per tutta la testa, il mio tesoro cominciava a fare feci con il sangue e a vomitare sangue. Peggiorava di giorno in giorno e non guariva.
Mia madre non lo faceva più dormire in casa ma in garage per timore che ci potesse contagiare, ancora ho negli occhi la scena del mio tesoro che da sotto la finestra mi chiama miagolando, un lamento in cui io sentivo tutti i significati del nostro segreto linguaggio, mi guardava con gli occhi più disperati che abbia mai visto. Non poteva capire perché lo avevamo estromesso da casa e perché non lo accarezzavo più. Io e lui ci parlavamo con gli occhi, io strinsi i miei, li chiusi più volte, e lui rispose con lo stesso gesto, era il nostro modo per dirci 'ciao!'
Ad un certo punto capiamo che non c'è più niente da fare ed i miei mi dicono che in questi casi è meglio per l'animale non farlo soffrire e quindi è il caso di sopprimerlo. I miei mi avevano insegnato che è un gesto di umanità verso l'animale sopprimerlo quando non c'è possibilità di guarigione ma solo sofferenza. Io accetto con dolore ma gli chiedo solo di farmi decidere il momento in cui mi sento pronta e di fare in modo che sia con un'iniezione, indolore.
Un giorno vado a fare i compiti e a giocare da un'amica, i miei mi vengono a prendere e mio padre mentre guida mi dice asciutto: "Calimero non c'è più." Ed io chiedo: "Come non c'è più? S'è perso? Dove s'è nascosto?" Lui risponde: "E' morto." Io ho sentito che stavo per svenire dal dolore, un colpo al cuore, la gola strettissima, ma non dovevo piangere perché io ero una forte e a casa mia non si piangeva mai.
Sto singhiozzando mentre scrivo.
Nel viaggio in macchina per tornare a casa è stato un turbine di emozioni: mi sono sentita disperata, tradita perché io avevo bisogno di salutarlo da vivo, di dirgli addio, di vederlo per l'ultima volta, di parlarci con il nostro codice segreto e dirgli 'ti voglio bene per sempre'. Avevo bisogno di sentirmi pronta, ed invece hanno fatto tutto di nascosto approfittando del fatto che io ero andata a giocare un po' fuori, proprio mentre ero felice del pomeriggio passato in compagnia di un'amica. Hanno tradito la promessa che mi avevano fatto. Hanno ignorato le mie emozioni ed i miei tempi.
Da allora i miei non hanno più voluto animali in casa perché hanno detto di aver sofferto troppo per la perdita di questo micio, come al solito nel loro egocentrismo erano loro che soffrivano e sti ca**i degli altri. Io in seguito gli ho chiesto tantissime volte se potevo riavere un gatto, perché mi mancava troppo, spiegandogli che mi avrebbe aiutato a superare il dolore di una fine così brutta, per avere un nuovo amore. Io, che fino a quel giorno volevo fare la veterinaria con tutte le mie forze, sono cambiata ed ho giurato che non avrei fatto più veterinaria perché non avrei mai avuto il coraggio di sopprimere un animale, anni ed anni di sogni di lavorare con gli animali bruciati in un istante.
Il giorno dopo andai a scuola e mentre c'era la professoressa di Italiano continuavo a pensare alla morte del mio cucciolo, e scoppiai a piangere seduta al mio banco, lei mi chiese perché piangessi e le dissi perché mi era morto il gatto, fu molto comprensiva e mi disse che se volevo potevo uscire dalla classe e stare tranquilla, ci fu solo qualche compagno che mi prese in giro perché piangevo per un gatto. Poi ci fu la lezione di ginnastica ed io continuai a piangere, mentre gli altri facevano la corsa.
Dopo qualche anno mia madre mi raccontò come è morta la mia pantera nera. Aggiungendo così alla morte anche un altro dolore. Per sopprimere il mio chicco lei aveva chiamato un vicino di casa che lavorava all'addestramento dei cani, lei si aspettava che lo avrebbe fatto con un'iniezione, invece lo ha messo in un sacco e lo ha ucciso con una mazza mentre lui si agitava nel sacco.
A me questo incubo torna, insieme alla rabbia verso i miei e al senso di colpa per non aver potuto fare nulla. E mi vedo ogni tanto questa immagine di Calimero che si chiede dove sto, perché non ci sono, perché non lo abbraccio, e perché lo stanno massacrando a colpi di spranga. Poi lo hanno buttato nei secchi dell'immondizia. Non mi hanno neanche permesso di seppellirlo da qualche parte.
E anche se a mia madre le ho parlato di questa storia ancora non riesco a perdonare loro.
La crudeltà.
La mancanza di reattività nel dire al vicino no così no, la loro cronica passività di fronte a tutto, l'incapacità di reagire e dire no.
L'egocentrismo di non pensare ad altro che a loro e non a me, come se io non esistessi in quanto più piccola (avevo 12 anni)
Il tradimento.
Il non volermi ascoltare perché loro ne hanno sofferto troppo e che quindi non vogliono sentire altro.