Riporto da
http://www.informazionisuifarmaci.it/da ... enDocumentLe reazioni di fotosensibilizzazione stanno divenendo sempre più frequenti e non solo d'estate, sia perché il desiderio di abbronzarsi seguendo i dettami della moda induce ad esporsi al sole e/o a lampade abbronzanti, sia per l'aumentato numero di sostanze fotosensibilizzanti tra i farmaci e tra i componenti dei prodotti cosmetici.
Per "fotosensibilità" si intende una reattività esagerata a dosi solitamente innocue di radiazioni nel range dell'ultravioletto o del visibile. Lo spettro d'azione di un fotosensibilizzante identifica l'ambito di lunghezza d'onda che determina le reazioni cliniche: per la maggior parte dei farmaci fotosensibilizzanti si trova nel range degli UVA (fra i 320 e i 400 nm).
Le manifestazioni cliniche di queste reazioni sono varie e simili a quelle di una intensa scottatura solare (comparsa di eritema, edema, papule, reazioni orticarioidi con eventuale formazione di vescicole), solitamente limitata alle aree del corpo maggiormente esposte (l'apice delle orecchie, il naso, le guance, la nuca, gli avambracci e il dorso delle mani). In alcuni casi la reazione si può estendere a tutto il corpo.
Farmaci e sostanze fotosensibilizzanti possono indurre fotosensibilità sia con meccanismi diretti per cui è necessaria la loro presenza a livello cutaneo, in forma modificata o immodificata, sia per effetto su altri organi. Quando vengono prodotte direttamente dai farmaci queste reazioni possono essere distinte in fototossiche o fotoallergiche.
Le reazioni fototossiche avvengono con maggior frequenza delle reazioni fotoallergiche e dipendono dall'entità dell'esposizione alla luce e dalla dose del farmaco e possono teoricamente manifestarsi nel 100% dei pazienti che si espongono al farmaco e alla luce del sole sin dalla prima volta. In questo caso sono il farmaco o il suo metabolita che, agendo come cromofori, assorbono energia dalla radiazione ed entrano in uno "stato eccitato" ad alto contenuto energetico. Quando si ristabilisce lo stato energetico di base, l'energia assorbita viene trasferita alle molecole dei tessuti adiacenti con conseguente loro danneggiamento. Si possono formare infatti radicali liberi o fotoprodotti tossici che si legano al DNA o alle membrane cellulari. Il danno si manifesta come una intensa scottatura che compare da qualche minuto a qualche ora dall'esposizione e si risolve in 2-4 giorni.
Le reazioni fotoallergiche sono meno frequenti e, per definizione, dipendendono da un fenomeno di ipersensibilità in seguito ad una reazione antigene anticorpo o cellulo-mediata. Queste reazioni, che teoricamente non si manifestano nel corso della prima esposizione, richiedono che il soggetto si sensibilizzi e, diversamente dalle reazioni fototossiche, avvengono solo in soggetti predisposti. In questo caso si ritene che la luce reagisca col farmaco, o con il metabolita sensibilizzante, a livello della pelle. Quando il soggetto si è sensibilizzato, anche tracce di farmaco possono essere sufficienti a scatenare la reazione. Nell'arco di 24-48 ore si manifesta un eritema, il che indica una reattività ritardata o cellulo-mediata. Non sempre è possibile distinguere chiaramente se una reazione è di tipo fototossico o fotoallergico e uno stesso farmaco può rendersi responsabile di entrambe le reazioni.
Le reazioni di fotosensibilizzazione possono essere indotte da farmaci, assunti per via orale o applicati topicamente, e da svariate sostanze chimiche contenute in prodotti che vengono a contatto con la pelle (ingredienti di profumi, deodoranti, lozioni dopobarba come lavanda, lime, olio di bergamotto, olio di limone, legno di sandalo, legno di cedro ecc). Per contro si può ricordare che le reazioni fototossiche indotte da farmaci quali gli psoraleni vengono sfruttate a scopo terapeutico (ad esempio nel trattamento della psoriasi e della vitiligine).