Il ceppo E. coli O157:H7 è patogeno in quanto esprime fattori di virulenza, tra cui le intimine, proteine che aderiscono alla membrana delle cellule, e fattori di patogenicità, in particolare una delle due vero-citotossine SLT (Shiga-Like Toxin) I e II, o entrambe. Le manifestazioni cliniche sono causate dalle citotossine che agiscono sulla mucosa intestinale provocando lesioni attraverso le quali possono poi diffondere nel circolo sanguigno; in particolare la sindrome uremica emolitica appare associata a ceppi produttori di SLT II (v. Louise e Obrig, 1995). La produzione di queste tossine da parte di un ceppo microbico è una condizione necessaria ma non sufficiente per l'instaurarsi della enterocolite emorragica: numerosi sierotipi di E. coli, oltre allo O157:H7, producono tossine del tipo Shiga, ma solo i sierotipi O26, O111 e pochissimi altri sono stati sicuramente identificati come agenti eziologici della malattia. Questi ceppi vengono collettivamente indicati come Escherichia coli enteroemorragico (v. Tarr e Neill, 1996).
Fino al 1991 la diffusione di E. coli O157:H7 era quasi esclusivamente limitata al Nordamerica e alla Gran Bretagna (v. Griffin e Tauxe, 1991), dove erano stati riscontrati casi sporadici o modesti episodi epidemici di colite emorragica. Negli anni successivi, nonostante gli avvertimenti delle autorità sanitarie, gli episodi di infezione si sono moltiplicati (v. Cannon e altri, 1996). Dal gennaio 1993 al settembre 1995 si sono verificati negli Stati Uniti 63 episodi epidemici che hanno coinvolto oltre 1.700 persone. Nella maggior parte dei casi (tipico l'episodio epidemico che ha colpito cinquecento persone nello Stato di Washington) la fonte dell'infezione è stata individuata nel consumo di cibi a base di carne bovina tritata; in altri casi l'infezione è risultata trasmessa attraverso il contatto di carne cruda con le mani o con altri cibi, oppure per contatto da persona a persona, specialmente tra i bambini negli asili nido (v. Boyce e altri, 1995).
Nell'Europa continentale le infezioni da E. coli enteroemorragico sono più rare. In quest'area, infatti, anche se l'agente eziologico più comune dell'enterocolite emorragica rimane il sierotipo O157:H7, la presenza di sierotipi diversi è più frequente che nel Nordamerica (v. Tarr e Neill, 1996). In Italia l'incidenza dell'infezione sembra minore che in altre nazioni: i casi di sindrome uremica emolitica verificati dal 1988 al 1992 sono stati circa venti per anno, con una frequenza annua di circa 0,2 per 100.000 residenti di età inferiore ai quindici anni. Tuttavia, un episodio infettivo causato dal sierotipo O111 è stato riscontrato nel 1993 nella Lombardia orientale, dove per nove bambini che presentavano gravi sintomi si è reso necessario il ricovero in ospedale (v. Caprioli e altri, 1994).
Il serbatoio dell'infezione è costituito dai bovini, nei quali E. coli enteroemorragico può far parte della normale flora microbica. Occasionalmente le feci di questi animali possono inquinare le acque che riforniscono i sistemi idrici, o più frequentemente nella loro macellazione tagli di carne possono essere contaminati in superficie; la cottura elimina facilmente il microrganismo, ma la temperatura, all'interno delle preparazioni a base di carne tritata, deve raggiungere almeno 70 °C. Il contagio può inoltre avvenire per via oro-fecale, particolarmente tra bambini o in comunità per anziani (v. Armstrong e altri, 1996).
Il trattamento con antibiotici dei casi di enterocolite emorragica è oggetto di dibattito, ma viene generalmente sconsigliato in quanto, provocando la lisi delle cellule batteriche, potrebbe favorire il rilascio delle tossine. È anche sconsigliato l'uso di farmaci inibenti la motilità intestinale, mentre può essere utile la reidratazione per via endovenosa. Nei casi che evolvono in sindrome uremica emolitica può essere necessaria la dialisi e la trasfusione di eritrociti e piastrine (v. Tarr, 1995).
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