E leggendo voi mi sembra di violarvi, in qualche modo, di entrarvi dentro come non dovrei.
Ma è solo paura. Paura di farmi sopraffare dalla paura stessa; di non uscirne mai, di non aver più un'intimità serena con la persona che amo, di fare sesso monacale a vent'anni.
Così, alla fine, non scrivo mai nulla, e mi ritiro nel mio angolino a osservare nella maniera più asettica possibile, e leggo le vostre storie, il diario di Ros, le testimonianze di efficacia dei prodotti (quasi mai le testimonianze di guarigione. Forse sono in quel maledetto momento in cui non mi danno forza, ma mi fanno avviluppare ancora di più nel circolo di Ecco, un'altra che ce l'ha fatta, e allora perché io no?)...tutti ambiti in cui parlate di voi, in toto, a trecentosessanta gradi, e vi leggo belle come non mai, e ricche di tutto ciò che una sessualità problematica può comportare: maggiore consapevolezza, maturità, sensibilità.
Oggi però ho voluto scrivere, ho appena preso la mia dose di D-Mannosio e ho ben un'ora prima di poter bere, perciò mo' vi beccate tutto il pippone

Molte, anzi quasi tutte, tra noi, parlano del sesso, ormai, come una sorta di pratica sperimentale, il classico "non so, capirò meglio magari quando


Vedere il sesso come una prova del nove, come l'ennesimo tentativo medico di capire se sto bene o meno, è ciò che sta mandando a puttane la mia sanità mentale. Il sesso è piacere, amore, divertirsi, rilassarsi, parlarsi. E' naturale. E come tale, ormai, io non lo vedo più. Non trovo più il mio desiderio, devo averlo poggiato lì, da qualche parte tra il Diario delle mie pipì e gli stick per i nitriti. O forse è lì, sepolto tra le creme idratanti e la paura che non bastino mai? Non lo so. So soltanto che ormai troppe volte mi sorprendo a pensare che non ho voglia di fare l'amore, ma se capita magari lo faccio, così vedo come va.
Ma cosa sono diventata?
Il mio corpo mi urla la sua disapprovazione, e ogni rapporto doloroso gli dà ragione. Solo io mi ostino a provare, provare, provare, come se il sesso fosse un allenamento ai tiri liberi, più ne imbuchi più sei bravo.
No. Il sesso è essere in due. E io mi trovo spesso a farlo in tre: io, lui, e la mia mente. Che mi scruta, si estrania e ci guarda dall'alto e nel frattempo mi sussura "Come ti senti? Senti qualcosa? Senti dolore? Fa male eh? Magari devi mettere più crema? Forse è bene smettere?". Ed è un continuo dissidio con il mio corpo, che non vuole qualcosa che la mente gli impone, e prova a ribellarsene, e al tempo stesso ne è schiacciato.
E intanto il desiderio vola via, sempre più lontano.
E intanto tu sei lì, ogni volta, che guardi il soffitto e ti chiedi perché l'hai fatto, perché non hai aspettato altro tempo.
E se qualcosa mi ha insegnato tutto questo dolore, è stato imparare a prendere il mio tempo. A dirmi "Pazienza, il desiderio tornerà, ma tu non forzarlo". E' una specie di cucciolo offeso, il desiderio. L'hai maltrattato e obbligato, umiliato, forse, e lui ora non si fa più trovare. Ma non devi stanarlo per forza, basta aspettare che si plachi, sbollisca e torni. E probabilmente in quel momento, nel momento in cui sarete di nuovo uniti, tornerà la voglia di fare l'amore in due, finalmente, e il piacere di essere lì, da soli, senza pensarci.
E finalmente, poter dire "Ma come, è già finito?".
Tu prenditi il tuo tempo, Corpo, che io di qui non scappo.
E tu va' a zonzo tranquillo, Desiderio, che appena torni ti accolgo a gamb...ehm...braccia aperte (la nota da carrettiere in fondo a un turbopippone così era d'obbligo).
Finalmente ho scritto. Finalmente vi do un'altra particella di me.
